Domande frequenti: da quale tipo di sapone comincio?

Siete alle prime armi? Non avete mai fatto sapone? Avete già esperienza col sapone ma vi sentite confusi dalla pioggia di informazioni (spesso contraddittorie) che trovate in rete e sui social?

Non fatevi prendere dall’ansia del non sapere come muovervi! Abbiamo preparato proprio per voi qualche dritta per indirizzarvi nella direzione giusta. Così avrete un aiuto in più per capire se è meglio cominciare coi saponi solidi, perché e quando potete passare a quelli liquidi e se esiste un percorso di apprendimento tra i vari metodi a freddo e a caldo.

Questi e molti altri documenti sono scaricabili gratuitamente dal sito del nostro ultimo manuale Sapone fatto in casa For Dummies, Edizioni Ulrico Hoepli Milano.

 

La fase del gel: che cos’è, a che cosa serve

Un sapone durante la fase del gel

Un sapone durante la fase del gel

La cosiddetta fase del gel è un momento nel processo di saponificazione che avviene quando la pasta di sapone è stata versata negli stampi e coperta. Durante questa fase la temperatura della pasta di sapone aumenta e il calore si diffonde a partire dal centro della forma verso i bordi. La pasta prende un colore più scuro e, da opaca che era, assume un aspetto “gloss” lucido con una consistenza, appunto, simile al gel.

A seconda dei grassi utilizzati e delle temperature di lavorazione, la fase del gel può avvenire nel giro di mezz’ora dal momento in cui il sapone è stato versato nella forma oppure presentarsi dopo diverse ore. In alcuni casi il gel procede molto velocemente dal centro verso i bordi e, in poche decine di minuti, tutta la pasta diventa traslucida e calda. In altri casi il gel avviene più in “profondità” nella massa di sapone e sulla superficie si può osservare soltanto una macchia di colore leggermente più scura. Di solito, questa differenza di colore tra il centro e i bordi degli stampi è il segno dell’avvenuta fase del gel che si può vedere quando si scopre il sapone dopo 24 ore.

Durante la fase del gel la soda caustica reagisce con gli acidi grassi contenuti negli oli e sparisce, trasformandosi in sapone. Questo significa che i saponi andati in gel sono “neutralizzati” nel momento in cui si raffreddano e si solidificano anche se la stagionatura continua a svolgere un ruolo importante.

I metodi in cui si lavora a temperature bassissime (per esempio per i whipped soaps) e nei quali si raffredda la pasta di sapone per evitare che vada in gel, richiedono dunque tempi di stagionatura più lunghi per consentire la neutralizzazione della soda caustica che non è avvenuta nelle prime ventiquattro ore.

Esistono poi fattori che possono bloccare la fase del gel perché favoriscono la dispersione del calore naturale sviluppato dalla reazione tra grassi e soda. Se il gel non si forma può dipendere dall’uso di stampini troppo piccoli che non trattengono a sufficienza il calore, da una insufficiente copertura delle forme, dalla preparazione di lotti troppo piccoli (inferiori ai 500 g), dal fatto che faccia molto freddo nel locale dove il sapone viene lasciato riposare.

Al contrario esistono ingredienti o situazioni che innescano fasi del gel molto calde e diffuse: l’uso di quantità di olio di cocco superiori al 30%, la presenza di olio di riso o di jojoba, la presenza di latte o miele, certe fragranze cosmetiche, l’uso di stampi alti e stretti che intrappolano il calore, coperture troppo pesanti, temperature di lavorazione molto alte (come nel metodo tutto a freddo), soluzione caustica molto concentrata (come nel metodo ad acqua ridotta), ambienti molto caldi (perché è estate o perché la pasta di sapone viene tenuta vicino a una fonte di calore).

Se il gel è davvero troppo “deciso”, il sapone può gonfiarsi e traboccare dallo stampo nel cosiddetto “effetto vulcano”. Tutte le fasi della saponificazione, le reazioni degli ingredienti e i metodi sono descritti nel nostro manuale “Il tuo sapone naturale. Metodi e consigli pratici”.

Perché il sapone deve stagionare?

Quando Marina ed io cominciammo ad occuparci di sapone naturale fatto in casa, oltre quindici anni fa, si pensava che la stagionatura dei saponi a freddo fosse indispensabile per consentire la totale neutralizzazione della soda caustica.

Il sapone va lasciato riposare, coperto, per 24 oreDa quel momento di sperimentazioni ne sono state fatte molte e tutti siamo ormai arrivati alla medesima conclusione: se un sapone a freddo attraversa la fase del gel, la soda caustica si neutralizza completamente e sparisce nell’arco delle prime ventiquattro ore dal momento in cui la pasta di sapone è stata versata nello stampo. Questo però non significa necessariamente che, nel momento in cui viene tolto dalle forme, un sapone a freddo o a caldo sia pronto per essere usato.

La stagionatura è un periodo importante per la maturazione del sapone. Non perché debba “perdere soda caustica” – quella la perde subito, lo abbiamo detto – ma perché i cristalli del sale che lo compongono abbiano il tempo di “assestarsi” e le tracce di acqua che contiene possano evaporare.

Un sapone che è stato lasciato riposare per le canoniche 4 settimane – ma anche di più – avrà dunque una consistenza migliore, una schiuma più abbondante e una resa superiore. I saponi usati subito – in particolar modo quelli a freddo, ma anche quelli a caldo – tendono a fare poca schiuma, ad essere appiccicosi e bavosi, a consumarsi alla velocità della luce.

Al contrario, se si pensa di rilavorare un sapone per farne gel da bucato o perché si vuole recuperare qualche errore commesso, è meglio farlo entro le prime 48 ore quando è ancora molto morbido e plastico. Il risultato del rilavorato sarà migliore di quello ottenuto con saponi già molto stagionati o secchi.

Per saperne di più sulla saponificazione, sui metodi a freddo o caldo, sui rilavorati, vi indirizziamo al nostro manuale “Il tuo sapone naturale. Metodi e consigli pratici“.

Aiuto! Il sapone non è venuto come me l’aspettavo!

Se il sapone non ha l’aspetto o la consistenza che vi aspettavate, prima di farvi prendere dal panico o di pensare a come riciclarlo, seguite questa semplice check-list che trovate, con maggiori dettagli, nel nostro manuale “Il tuo sapone naturale. Metodi e consigli pratici“.

Tirate fuori la ricetta e gli appunti che avete preso durante la preparazione (perché li avete presi veroooo? ) e procedere con questi passaggi:

1. Controllate di aver misurato le quantità giuste dei vari ingredienti (oli, alcali, acqua o altri solventi, additivi) senza sostituzioni o modifiche rispetto alla ricetta che avete seguito.

2. Verificate che la quantità totale degli oli sia almeno di un chilo. Ricordate che lotti più piccoli tendono a essere sempre meno stabili e più proni a provocare “sorprese”, soprattutto se avete ancora poca esperienza per gestirli.

3. Usate un foglio calcolatore come il SapCalc che trovate nel nostro sito per ricontrollare il calcolo dell’idrossido di sodio o di potassio in base alla quantità dei grassi. Verificate la purezza degli alcali che avete usato. Se erano umidi, ammassati o molto “stagionati” potrebbero aver perso parte della loro efficacia.

4. Verificate l’accuratezza della bilancia. Quand’è che avete cambiato le pile? L’avete sistemata in piano prima di pesare? Vi siete ricordati di annullare la tara dei contenitori?

5. Cercate di ricostruire le fasi di preparazione: avete lasciato fuori qualcosa? Avete esagerato con il dosaggio di un additivo? Avete deciso all’ultimo minuto di sostituire un grasso senza riconteggiare la soda? Avete usato un ingrediente nuovo, mai sperimentato prima?

6. Com’erano le condizioni ambientali: troppo caldo, troppo freddo? Com’erano le temperature di grassi e soluzione caustica? Avete coperto bene il sapone quando l’avete versato negli stampi (metodo a freddo)? Avete cotto la pasta di sapone abbastanza a lungo (metodi a caldo)? Quale sistema di cottura avete utilizzato?

Se la ricognizione è completata e non avete rilevato nulla di particolare, ma il sapone continua a sembrarvi “strano”, non fatevi prendere dall’ansia o dallo sconforto. Perché, molto semplicemente, nel vostro sapone non c’è proprio nulla che non va, ma state semplicemente assistendo a un fenomeno che contraddistingue tutti i saponi fatti a mano: la loro unicità!

Domande frequenti: voglio fare sapone, da dove comincio?

Studiare, provare, sbagliare sono i tre verbi che ogni aspirante saponaio dovrebbe tenere a mente. E queste tre parole sono anche la risposta che mi sento di dare a una delle domande più frequenti che ricevo: voglio imparare a fare sapone, da dove comincio?

Comincia dallo studio. La saponificazione è un processo chimico semplice, ma ha le sue regole e le sue esigenze. Buttarsi a far sapone senza averci capito nulla di quanto avviene quando una miscela caustica viene aggiunta a dei grassi non solo è pericoloso, ma può portare a una serie infinita di pasticci. Studiare vuol dire lavorare in sicurezza, perché una delle prime cose da imparare perfettamente, è come ci si protegge dalla soda caustica. Ma vuol anche dire raggiungere risultati buoni da subito, senza perdite di tempo, sprechi e attacchi di ansia. Che cosa serve per studiare? Una fonte affidabile. Che sia un corso, un libro, un sito, un tutorial… ognuno scelga la fonte che preferisce, ma attenzione alla qualità di quello che vi viene offerto. A pescare a caso in internet si rischia di tirar su non solo, come si dice a Roma, delle “sole”, ma persino di farsi male.

Il secondo passo è prova! Quando uno si è fatto un’idea del processo più facile (il metodo a freddo di base), quando ha capito bene come ci si comporta con la soda caustica e si sente pronto al grande passo, non ha che da scegliere una ricetta molto facile e provare. La mia super-classica 100% oliva è un ottimo punto di partenza. E’ facilissima e basta poco per mettere insieme gli ingredienti: 1 kg di olio di oliva (evo, non-evo, sansa, tutti i tipi vanno bene…), 128 grammi di soda caustica, 300 grammi di acqua.

Il terzo passo è sbaglia! Non c’è niente di più utile degli errori per capire e perfezionarsi. L’ansia da prestazione è deleteria sempre, anche quando si fa sapone. Imparare richiede tempo, richiede pazienza con se stessi e la capacità di non farsi prendere dal panico o dallo sconforto se qualcosa non è andato per il verso giusto. Tra parentesi, studiare aiuta anche in questo caso. Perché si capisce quale può essere il risultato e non si rischia di partire con aspettative che non corrispondono alla realtà delle cose. Sbagliare porta a volersi confrontare con altri, a farsi delle domande. E allora, benvenuti a condividere i vostri dubbi di sapone sulla nostra mailing o sul nostro gruppo Facebook o su questo blog.