Oleoliti: prepararli e usarli nel sapone

oleolito di lavandaGli oleoliti, o oli macerati, sono uno degli ingredienti che i saponai usano più spesso nelle loro creazioni. Il principio alla base della preparazione di un oleolito è semplice e si basa sulla macerazione in olio di materiale vegetale, derivante da piante officinali o alimentari.

Nel sapone la funzione degli oleoliti non è propriamente cosmetica, in quanto gli attivi contenuti nelle piante difficilmente riescono a sopravvivere al calore e all’alcalinità della reazione di saponificazione. Di questo argomento avevamo già parlato in questo blog, spiegando la resa dei macerati in base al tipo di olio.

Ma gli oleoliti possono essere preparati per esempio con piante tintorie e quindi servire come delicati coloranti naturali oppure, se fatti con piante officinali profumate, possono contribuire con un leggero aroma. Se volete un sapone che sappia di lavanda sul serio, non potrete evitare l’uso dell’olio essenziale o di una fragranza cosmetica. Ma se il vostro naso ama i profumi delicatissimi e appena accennati, un oleolito, magari aggiunto a fine cottura in un sapone preparato a caldo, potrebbe essere la scelta giusta.

Le scuole di pensiero sulla preparazione degli oleoliti sono diverse. Diciamo che i metodi principali però sono due: la macerazione di piante secche al buio o quella di piante fresche al sole. Per semplificarvi la vita e spiegarvi quali piante potete usare, quali oli e come mettervi all’opera, abbiamo preparato un piccolo riassunto da scaricare e conservare. Lo trovate sul sito del nostro manuale Sapone fatto in casa For Dummies, Hoepli Editore.

Non tutte le piante però sono, in automatico, adatte alla preparazione di macerati. Prima di procedere ricordatevi di alcuni punti fondamentali:

  • Le piante adatte alla macerazione devono contenere sostanze solubili in olio. Alcuni attivi vegetali, comprese le sostanze coloranti, sono solubili in acqua (e quindi conviene fare un infuso) oppure in alcol. Seguite la nostra tabella per scegliere il materiale vegetale da usare.
  • Documentatevi su quale parte della pianta è meglio usare e verificate che non ci siano controindicazioni per l’impiego in cosmetica. Non è automatico, infatti, che ciò che è buono da mangiare, sia anche buono da spalmare sulla pelle! Pensate al peperoncino…
  • Se volete sfruttare al meglio le proprietà cosmetiche di un macerato non usatelo nel sapone, ma in prodotti destinati a restare a contatto con la pelle come creme, lozioni, balsami, burri. Una guida utile è il nostro libro Aromi, profumi e balsami naturali.

La funzione del sale nel sapone

ric221Dopo l’immarcescibile coppia latte&miele, dopo il continuo successo dei saponi simil-Aleppo ecco un altro ingrediente che sembra essere diventato molto popolare tra i saponai casalinghi: il sale.

Il cloruro di sodio ha una duplice funzione nel sapone autoprodotto a seconda delle quantità che se ne aggiungono.

Il primo caso è l’uso del sale da cucina per migliorare la consistenza finale del sapone. Secondo l’esperienza di alcuni, basterebbero circa 10 grammi di sale su un lotto da un chilo di grassi per renderlo più duro e compatto. Il sale inoltre, per la sua capacità di “attirare” le tracce di acqua presenti nel sapone, svolgerebbe anche una blanda azione anti-ossidante. In questo caso, si parla dunque di aggiungere l’1% di cloruro di sodio, facendolo sciogliere direttamente nell’acqua della soluzione caustica.

Il secondo caso è l’impiego del sale come agente esfoliante nei cosiddetti “saponi termali”; si tratta di saponi che vengono usati per trattamenti occasionali di pulizia profonda della pelle, laddove sia necessaria la rimozione dello strato più superficiale della cute, quello dove si depositano le cellule morte e il sebo. In questo caso la quantità di sale aggiunta al sapone può arrivare anche oltre il 50% su un lotto da un chilo e il cloruro di sodio viene incorporato nel sapone al momento del nastro, prima di versarlo nelle forme. A seconda dell’intensità dell’effetto peeling desiderato, si possono usare sale fino o grosso, magari pestato nel mortaio per uniformarne la grana. Possono essere utilizzati tutti i tipi di sale, da quello marino a quello dell’Himalaya, da quello del Mar Morto al comune salgemma. Nel libro I tuoi saponi naturali abbiamo previsto diverse ricette di saponi al sale con dosaggi variabili e abbinamento ad altri agenti esfolianti come la pietra pomice (nella foto). I saponi termali vanno utilizzati saltuariamente e con un po’ di buonsenso: chi ha la pelle molto delicata o irritata farebbe meglio ad evitarli, così come non andrebbero mai usati sul viso. L’uso di saponi esfolianti deve essere accompagnato dall’applicazione di una lozione idratante/nutriente che restituisca alla pelle la “protezione” rimossa durante il lavaggio.

Perché il mio sapone è sempre gelatinoso? E come posso evitarlo?

Un’altra domanda frequente, tornata a galla proprio di recente su sapone, mailing list dei saponai che parlano italiano.

In risposta, c’è chi punta il dito sugli errori nella formulazione della ricetta; chi invece raccomanda soluzioni di ispirazione industriale, che prevedono l’aggiunta di ingredienti speciali.

Ma anche qui, la risposta dipende innanzitutto dai motivi che ci hanno portato a far sapone. E vale sempre la pena di fermarsi a chiedersi perché lo facciamo.

Per me, far sapone è, nello stesso tempo, ricerca di un sano benessere e un modo per rendermi indipendente dalle “logiche di mercato” – espressione che detesto, ma che esprime bene e in sintesi la catena di interessi, strategie ed eventi che ha portato alla globalizzazione, alla crisi economica, ai nuovi schiavi e a tutte le malattie economiche (e, di riflesso, sociali) che ci affliggono.

In altre parole, la mia scelta di far sapone parte dal desiderio di una vita più sana in tutti i sensi, a 360 gradi -non soltanto per me, ma per “il mondo” nella sua interezza.

Per questo, non mi basta scegliere una ricetta qualunque, trovata non importa dove, né seguire le mode che dilagano sui media (social e non).

Per questo, la mia scelta di far sapone implica, a monte, scelte etiche sui singoli ingredienti e persino sui metodi che seguo. Scelte molto più facili di quanto non sembrino, perché stanno alla base del mio desiderio di far sapone e lo “formano”… automaticamente 🙂

Nello specifico, anche il metodo che seguo per avere saponi sempre di buona consistenza è molto semplice: basta infatti seguire buone pratiche di preparazione e rispettare i tempi di stagionatura e di asciugatura. Suggerimenti che si trovano, ampiamente documentati, nel manuale scritto a quattro mani con Patrizia, Il tuo sapone naturale.

In sintesi, poiché i miei saponi hanno sempre almeno l’85% di olio di oliva:

  1. Uso generalmente il metodo ad acqua ridotta.
  2. Mi assicuro che le temperature di miscela siano tali da garantire una buona “fase del gel”.
  3. Lascio stagionare il sapone almeno 8 settimane prima dell’uso. E se invece di 8 settimane aspetto 6 mesi o anche un anno… lo trovo sempre migliore: più delicato, più ricco di schiuma, meno bavoso!
  4. Tengo a portata di mano due o tre pezzi di sapone per volta, appoggiati su portasaponi “a istrice”, e li lascio asciugare completamente tra una lavata di mani e l’altra.

Tutto qui, senza bisogno di arrovellarsi per trovare ingredienti speciali o formule garantite da calcoli “scientifici”.

Provare per credere! 🙂