Marche di sapone che hanno fatto la storia

Le saponerie di Marsiglia sono state tra le prime al mondo a mettere in commercio un tipo di sapone che è passato alla storia. Ma esistono anche marchi storici inglesi e americani. Uno di questi è Yardley’s English Lavender Soap, un sapone da toeletta con essenza di lavanda, che venne lanciato sul mercato londinese nel 1770.

Le cronache narrano che William Yardley abbia pagato una somma di denaro al re Carlo I per ottenere, già alla fine del 1600, il monopolio della produzione di sapone per tutta l’area di Londra. Yardley sbarcherà negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento, lanciando sul mercato americano, oltre al suo famoso sapone alla lavanda, altri tipi di saponette, tra cui quelle al muschio bianco e all’aloe. Nel 2015 l’English Lavender Soap di Yardley è ancora in commercio al prezzo di 2,66 sterline (circa 4 euro) per 100 grammi.

L’Inghilterra detiene anche un altro marchio storico, quello del Pears Transparent Soap, creato negli anni a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo dal barbiere Andrew Pears, per i clienti della sua bottega di Soho a Londra. La formula originale e segreta del sapone Pears, a base di sego di bue, alcol e colofonia e contraddistinta da un “profumo di giardino inglese” è stata modificata più volte per adeguarla ai regolamenti cosmetici europei. Attualmente, il marchio è di proprietà di Unilever, che produce nei suoi stabilimenti in India delle versioni rivisitate e corrette del famoso sapone trasparente del barbiere di Soho. I nuovi Pears (che probabilmente hanno ben poco in comune con gli originali) si possono acquistare online —valutate voi se ne vale la pena, o se non sia meglio provare a cimentarsi con un’imitazione… fatta da voi, seguendo le istruzioni per i saponi semitrasparenti che trovate al capitolo 12 del Sapone fatto in casa for dummies.

Viene invece dagli Stati Uniti l’ultimo sapone iconico di questa serie, il famoso sapone galleggiante Ivory. Fu nel 1879 che Procter & Gamble (allora poco più di una fabbrichetta di famiglia in quel di Cincinnati, Ohio) cominciò a produrre un sapone bianco più leggero dell’acqua, e che pertanto galleggiava nelle vasche da bagno. L’enorme successo commerciale del sapone Ivory diede forse la prima spinta all’enorme espansione dell’azienda, oggi un colosso della chimica, proprietaria di centinaia di marchi di prodotti di largo consumo. Chissà se è vero l’aneddoto che attribuisce a un errore umano la nascita del sapone galleggiante: l’operaio addetto al controllo della mescolatrice andò a mangiare dimenticandosi di spegnerla, e al suo ritorno trovò che l’impasto si era asciugato più del necessario, incorporando grandi quantità d’aria. Se la storia è vera, la decisione dell’operaio di versare lo stesso la pasta di sapone negli stampi fece la fortuna dell’azienda. Se volete cimentarvi anche voi coi saponi galleggianti, trovate le spiegazioni passo per passo nel capitolo 8 del Sapone fatto in casa for dummies.

Scrub allo zucchero, un’idea che diventa business

scrubzbodySi può costruire un’attività commerciale da un’idea semplice come quella di produrre scrub allo zucchero? Roberta Perry, americana del Long Island, ci è riuscita e ci spiega come ha fatto in questa intervista, pubblicata sulla rivista Making Soap Mag, l’unico giornale al mondo dedicato al sapone artigianale e alla cosmesi homemade.

Roberta è appassionata da sempre di scrub allo zucchero. Una passione che nasce dall’aver constatato, a un certo punto, che nessuno dei cosmetici disponibili sul mercato erano abbastanza buoni per la sua pelle. “Ho avuto un momento di rifiuto totale e ho deciso di trovare una soluzione che fosse soltanto mia. Così sono andata in cucina… Ho cominciato davvero dalle basi e, più mi documentavo, più aggiungevo, sottaevo, giocavo con gli ingredienti. In seguito, oltre agli scrub, ho cominciato anche a produrre lozioni perché i miei clienti avevano la necessità di combinare l’esfoliazione con un cosmetico da abbinare dopo il peeling. La ricetta che condivido con voi può essere modificata con l’impiego di qualsiasi olio vegetale abbiate in casa, ma tre dei miei favoriti e che trovate sempre nel mio magazzino sono l’olio di oliva, di vinaccioli e di cocco. Sono tutti e tre meravigliosi sulla pelle!”

E l’idea di Roberta non ha impiegato molto a diventare un successo anche commerciale. “Sono fortunata perché non soltanto ho il privilegio di lavorare con mia sorella, Michelle Tucker, ma anche con la mia migliore amica, Wendy Rubin. Ci aiutiamo a vicenda, in laboratorio, in negozio e una sostituisce l’altra quando c’è da assentarsi. @scrubzbody è il nostro marchio su Instagram, Twitter, Youtube, Pinterest e Facebook. Le nostre clienti sono in maggioranza donne tra i 30 e i 65 anni che ci tengono alla salute della pelle, ma non sempre hanno il tempo per prendersene cura. L’azione esfoliante dello zucchero è fantastica perché rimuove le cellule morte, ma contribuisce anche a rendere la pelle morbida in un unico gesto. Inoltre, una pelle rigenerata reagisce meglio anche all’applicazione di altri cosmetici”.

Scrub allo zucchero di Roberta Perry

  • 1 tazza di zucchero semolato
  • 2 cucchiai di olio di oliva
  • 2 cucchiai di olio di vinaccioli
  • 2 cucchiaio di olio di cocco
  • da 4 a 6 gocce di oli essenziali o 6 gocce di fragranza cosmetica a scelta

Lo zucchero va versato in una terrina. A questo punto si aggiungono gli oli, uno alla volta, mescolando. Quando la miscela è ben amalgamata, si aggiungono gli oli essenziali. “Se volete uno scrub più oleoso, aggiungete un cucchiaio di olio di oliva, se preferite che sia più energico, sottraete un cucchiaio dal totale degli oli”.

Il testo completo dell’intervista, realizzata da Marina Tadiello, è uscito sul numero di gennaio/febbraio 2016 di Making Soap Mag. Ringraziamo Kathy Tarbox, editore, e il direttore responsabile Beth Byrne per l’autorizzazione alla traduzione e alla riproduzione sul nostro blog.