Ma voi lo sapete come si usa il sapone?

Quando si tratta di detergenza, che è il termine tecnico per definire il lavarsi, c’è sempre molto da imparare. Insaponarci e sciacquarci sono gesti che facciamo spesso senza pensare, ma sui quali invece dovremmo cominciare a riflettere, tenendo presente alcune considerazioni. Spesso ci preoccupiamo dell'”aggressività” del sapone o del detergente che usiamo, senza tenere conto che l’atto del lavarsi è la somma di fattori diversi, ciascuno dei quali gioca un ruolo nell’esito finale.

  • La pelle del nostro corpo non è tutta uguale. Il viso, per esempio, ha bisogno di essere pulito in maniera diversa rispetto alle spalle. I talloni non possono essere trattati come la schiena e così via. Imparate a conoscere la vostra cute e le sue esigenze.
  • Lavarsi è un esercizio di altissimo equilibrismo: deve rimuovere lo sporco, ma senza
    danneggiare lo strato protettivo della pelle che pure, in parte, è responsabile dello
    sporco stesso.
  • ll detergere è dato dalla combinazione di due fattori: l’applicazione di un detergente
    (sapone o miscela di tensioattivi) e l’azione di sfregamento che possiamo fare con le mani, una spugna, una retina o una pezzuola.
  • Per ottimizzare questi due fattori, provate ad avvolgere la saponetta in un sacchetto
    di tessuto morbido e trasparente come la mussola. Un semplice gesto per un doppio vantaggio: il sapone smetterà di scivolarvi dalle mani e produrrà una schiuma ricca e cremosa. Oppure, insaponate una spugna (morbida per il viso, a effetto massaggio per il corpo, leggermente abrasiva per i punti difficili) e lavatevi con quella: sarete sorpresi dalla massa di schiuma che con questi piccoli trucchi producono anche i famigerati “tutt’oliva”!
  • Per il viso, fate schiumare la vostra saponetta tra le mani. Quindi prendete la schiuma e applicatela delicatamente attorno agli occhi, sulla fronte, sul mento, massaggiando la pelle coi polpastrelli per qualche secondo. Ora potete risciacquarvi o passare una spugnetta morbida se volete una pulizia più profonda.
  • Il viso andrebbe lavato la sera perché durante la notte la pelle abbia il tempo di ricostituire il suo “mantello” idrolipidico senza essere esposta all’aria o ai raggi solari. Di mattina basta una risciacquata, più per svegliarvi che per pulirvi!
  • Dopo aver lavato il viso (specialmente se col sapone) applicate una crema nutriente
    per aiutare la pelle a ritrovare il suo normale equilibrio lipidico e per proteggerla dall’attacco degli agenti atmosferici e dall’inquinamento dell’aria.
  • Applicate una lozione leggera su tutto il corpo dopo la doccia per mantenere una pelle sana a tutte le età.
  • Non abusate di saponi a effetto peeling. Prendete l’abitudine di usarli saltuariamente
    (per esempio ogni due settimane o una volta al mese) e soltanto sulle aree del corpo dove lo scrub è necessario.
  • Lavarsi è un modo di coccolarsi! Fatelo senza stress, prendetevi il tempo necessario
    a volervi bene.
  • La nostra pelle cambia, con le stagioni, l’età, gli stati d’animo: imparate ad ascoltarla e a trattarla di conseguenza.

Per scrivere questa parte abbiamo fatto riferimento, oltre che alla nostra esperienza pratica, al blog Nononsensecosmethic.org di Rodolfo Baraldini, esperto di formulazioni cosmetiche, divulgatore e soprattutto cacciatore di “bufale” e falsi miti del marketing cosmetico. Questo post è un estratto dal nostro manuale “Il sapone fatto in casa for Dummies”.

For dummies in pillole: metodo ad acqua ridotta

Nei saponi fatti col metodo a freddo di base, l’acqua è calcolata in rapporto al peso dei grassi e ne rappresenta circa un terzo. Nel nostro manuale “Il sapone fatto in casa for dummies” introduciamo anche un altro sistema per determinare la quantità del liquido, che non è più basata sulla quantità di grassi, ma sulla concentrazione della soluzione caustica (ovvero sul rapporto tra peso della soda e peso del liquido). Quando si comincia a ragionare in termini di concentrazione della soluzione caustica, ecco che si entra nell’ambito dei metodi a freddo ad acqua ridotta o “scontata”. Questo metodo è descritto in dettaglio nel nostro manuale “Il sapone fatto in casa for dummies” ma qui riporto un riepilogo generale che, per ragioni di spazio, non era stato possibile inserire nel libro. Le informazioni si riferiscono ai saponi solidi, cioè quelli fatti con la soda caustica, non ai saponi liquidi.

Temperature di miscela – Oli tra 40 e 45° C. Soluzione caustica a meno di 40° C.


Consistenza della pasta di sapone – Da fluida a densa a seconda degli oli usati e della concentrazione di soda. Adatta a saponi decorativi semplici (soprattutto quelli a strati), meno adatta agli swirl.


Consistenza del sapone – Omogenea, liscia. Scegliete lo stampo in base al tipo di pasta che prevedete di ottenere. Almeno all’inizio, usate stampi con divisori, oppure semplici stampi individuali senza troppo dettaglio.


Ingredienti da evitare – Da evitare o usare con grande perizia tutti gli ingredienti che provocano surriscaldamento (ingredienti zuccherini, latte, olio di cocco in grandi quantità, olio di riso etc). Lavorando con soluzioni caustiche più concentrate, la temperatura tenderà a essere sempre più alta.


Adatto per – Saponi solidi per il corpo, il bucato, gli animali domestici, la casa


Non adatto per – Saponi decorativi dove bisogna lavorare a temperature basse, saponi in crema o trasparenti.


Da evitare assolutamente per – Saponi liquidi, saponi con misto alcali KOH-NaOH


Aggiunta oli surgrassanti – Indifferentemente al nastro o all’inizio, regolando opportunamente lo sconto soda.


Vantaggi – Saponi più duri e compatti, senza bisogno di alte percentuali di grassi saturi. Tempi di asciugatura ridotti. Attenzione perché lavorare ad acqua ridotta non accorcia in automatico il tempo di stagionatura del sapone. La stagionatura, lo ricordo, non serve solo a far asciugare il sapone, ma serve soprattutto a far compattare e assestare la struttura cristallina dei sali sodici che lo compongono.


Svantaggi – Limitazioni nella scelta degli ingredienti. Richiede esperienza.

I segreti del sapone che fa schiuma

Sapone for dummies (e per gatti)Come dev’essere il sapone perfetto? Biologico, gentile, profumato, colorato? Ovviamente sì. Ma la caratteristica che tutti, proprio tutti, sembrano pretendere dal proprio sapone è che faccia schiuma. Tanta, tantissima schiuma.

 

 

Come scriviamo nel nostro manuale Il sapone fatto in casa For Dummies 

la schiuma è il prodotto della sinergia tra l’azione fisica dello sfregamento e quella chimica della combinazione del sale-sapone con l’acqua e l’ossigeno dell’aria. (…) Se potessimo far sapone in laboratorio usando solo acidi grassi puri, e ci lavassimo in acqua distillata, i grassi che darebbero le soddisfazioni maggiori in fatto di schiuma sarebbero quelli che hanno una catena atomica lunga, e pertanto quelli monoinsaturi e insaturi. Così, per esempio, l’olio di cocco ha una catena più corta dell’olio di oliva perché contiene in prevalenza acido grasso laurico, che ha solo 12 atomi di carbonio, mentre la catena dell’olio di oliva ne ha 18.In teoria dunque, dal momento che l’olio di oliva ha una catena di atomi di carbonio più lunga dell’olio di cocco, dovrebbe fare più schiuma di quest’ultimo. Ma questo non è esattamente il contrario di tutto quello che si legge sul sapone? Perché allora si dice che è l’olio di cocco il principale responsabile della schiuma, mentre l’olio di oliva fa solo bavetta? Dov’è la verità? La verità sta, come al solito, nella complessità che caratterizza il mondo in cui viviamo e che quasi mai ci permette di dare risposte univoche. Qui regnano infatti altre variabili che influenzano la capacità del nostro sapone di fare schiuma: per esempio, la durezza dell’acqua e la sua temperatura.
Ed è proprio la combinazione di questi fattori esterni a caratterizzare l’olio di cocco come grasso “schiumogeno”, sebbene dal punto di vista della struttura chimica non abbia i numeri per essere il migliore. Nonostante la sua catena atomica corta infatti, l’olio di cocco trasformato in sale-sapone si scioglie meglio nell’acqua di rubinetto di quanto non facciano altri grassi saponificati; e lo fa a una temperatura più bassa, assicurando tante bolle a tutti gli amanti del genere”.

Nei primi capitoli del libro, spieghiamo quali ingredienti o additivi possono essere usati per creare le bolle, in combinazione o in sostituzione dell’olio di cocco. Qui possiamo fare un piccolo riassunto:

  • l’aggiunta di olio di ricino (nelle percentuali consentite) rende il sapone più schiumoso;
  • la presenza di oli di soia o di arachidi;
  • la presenza di olio di palmisto (olio di noccioli di palma) che ha la stessa resa e le stesse controindicazioni del cocco;
  • la presenza di ingredienti zuccherini (da usare con le cautele suggerite nel libro perchè fanno aumentare la temperatura della reazione chimica, con conseguenze che bisogna saper gestire…);
  • l’aggiunta di emulsionanti (per questo fate riferimento agli esperimenti sul gruppo facebook Il Mio Sapone dove questa teoria è nata);
  • l’aggiunta di lana o seta grezza (dosaggi e modalità indicate nel libro e nel gruppo);

C’è poi un piccolissimo e semplicissimo trucco per far schiumare il sapone, anche il meno… dotato di suo. Basta usarlo tenendolo avvolto in una retina (di mussola, di tulle, di cotone etc) e strofinarlo forte tra le mani prima di passarselo sul corpo. Easy peasy… 🙂

Per i patiti della chimica, tra i contenuti extra del libro For Dummies c’è una tabella con la composizione degli acidi grassi di ciascun olio e la loro resa nel sapone.

Ah, vi state chiedendo che cosa c’entri un gatto nel lavabo con questo post? Niente. Però era carino, dai… 😛

Miti da sfatare: l’olio di cocco è irritante

Le cose semplici, si dice, sono le migliori. Ed è vero. Ma secondo me non si può sempre dire altrettanto delle cose “semplificate”.

La semplificazione che spesso si fa su internet attorno a certi concetti che sono, invece, complessi, dà come esito finale la diffusione di “pezzi” di verità grossolanamente raffazzonati. Consolanti, magari, ma non aderenti alla realtà.

Lunga premessa per arrivare al dunque di una affermazione – “l’olio di cocco è irritante” – sulla quale è necessario fare qualche ulteriore riflessione. E qualche chiarimento.

Il povero olio di cocco in sè e per sé non è per niente irritante. E’ un grasso saturo di origine vegetale come altri che, per la dimensione delle sue molecole, tende a restare sulla pelle piuttosto a lungo, formando un film protettivo e non a caso è usato in burri per il corpo, unguenti e balsami per labbra. Ci possono essere implicazioni etico-ambientaliste riguardo il suo impiego, ma non è l’argomento di questo post.

L’olio di cocco però contiene, in notevole percentuale, un acido grasso specifico, il laurico, che, una volta fatto reagire con un alcali (soda caustica o potassio caustico), produce un sale sodico o potassico (per gli amici, sapone 🙂 ) con due caratteristiche molto specifiche. Un sapone di acido laurico fa una schiuma meravigliosa ed è anche molto – ma molto – detergente.

Ora, la detergenza è quel processo grazie al quale il grasso che si trova sulla superficie della nostra pelle viene staccato, miscelato con l’acqua e portato via. Un processo virtuoso quando si tratta di lavarci dallo sporco atmosferico e dalle tracce di Nutella sulle dita. Un processo stressante per la pelle quando, oltre alla Nutella, a finire nello scarico è anche quel sottile strato di grassi e liquidi che ne protegge la superficie e le impedisce di seccarsi e screpolarsi.

E qui veniamo al punto della nostra questione: che cos’è allora a essere irritante? Ed ecco la risposta:

è irritante l’uso continuato di saponi con un’alta percentuale di sali sodici o potassici di acido laurico, in presenza di una pelle che non tollera l’essere dilavata troppo in profondità.

Se la pelle, per i più svariati fattori individuali o ambientali, non ha la capacità di compensare l’eccessiva detergenza del sapone al cocco, ricostituendo il suo film protettivo, ecco che, a lungo andare, può sviluppare fenomeni irritativi. In alcune persone – e io sono tra quelle – la forza lavante dei saponi al cocco genera un po’ di secchezza o di prurito, da compensare con l’uso di una lozione o una crema dopo ogni doccia. In persone dall’epidermide più delicata o già irritata per altre cause può invece dare fastidi più “importanti”. Ma in altre persone con tipi di pelle più “resistenti” non dà alcun problema e anzi risulta un sapone molto schiumoso e piacevole. Usare solo olio di cocco in un sapone però richiede qualche cautela come ho spiegato in altro post su questo blog dedicato al Tuttococco.

Consiglio spicciolo per il saponaio che vuole formulare le sue ricette? Impara a conoscere la tua pelle e ad “ascoltarla”. Nel dubbio, tieni basso il dosaggio del cocco e controlla quali sono le tue reazioni a distanza di una settimana, un mese, tre mesi dal momento in cui hai cominciato a usare sapone che lo contiene. Usa comunque una crema o una lozione restitutiva perché, cocco o non cocco, la tua pelle te ne sarà grata!

Ancora una piccola cosa prima di chiudere: tutto questo discorso, dalla prima all’ultima sillaba, vale anche per l’altro olio ricco di acido grasso laurico, il palmisto. E’ noto anche come olio di noccioli di palma, deriva dalla stessa pianta da cui deriva l’olio di palma che però, siccome non contiene acido laurico, è del tutto “inoffensivo”.

Acidi grassi: nomi e funzioni nel sapone autoprodotto

olio di vinaccioliGli acidi grassi sono i mattoncini fondamentali di tutti gli oli e i grassi che si trovano in natura. Si tratta di molecole dalla forma allungata nelle quali le catene di atomi di carbonio – di solito tre visto che si parla di trigliceridi, sono legate in un’unica struttura da una molecola di glicerolo.

Gli acidi grassi sono circa un centinaio, ma quelli che interessano nell’autoproduzione di sapone sono più o meno una quindicina e si trovano negli oli e nei grassi più comuni. Sapere la quantità di acidi grassi contenuta nella materia prima del sapone e capire la loro resa nel prodotto finito, è un elemento importante per avere un’idea di come i grassi vadano scelti e combinati.

Ma non tutto è così semplice come sembra. Come spieghiamo nei capitoli 3 e 19 del nostro nuovo manuale Il sapone fatto in casa For Dummies il contenuto di acidi grassi di ciascun olio può variare moltissimo a seconda della provenienza, delle annate se si tratta di oli vegetali e persino dei sistemi di estrazione. Questa complessità mette molto in crisi le pretese di “scientificità” nella produzione casalinga del sapone, ma è sicuramente un’informazione importante per tutti i saponai che vogliono capire meglio che cosa succede nel loro pentolone quando la reazione di saponificazione è stata messa in moto.

Tra i contenuti extra che è possibile scaricare dal sito del libro abbiamo incluso una tabella in cui abbiamo elencato gli acidi grassi saturi, insaturi e polinsaturi a seconda delle loro funzioni nel sapone. Datele un’occhiata perché potreste scoprire parecchie sorprese! La realtà è sempre molto, ma molto più complessa di quanto si potrebbe pensare.